Mentre aspettiamo impazienti il 27 ottobre 2023, data di uscita del nostro nuovo cofanetto dedicato ai Concerti Grossi Op. 6 di Arcangelo Corelli, e mentre scorrono sui nostri canali digitali le immagini dei primi tre “video capitoli” del visual album ispirato alle musiche del compositore, diventa inevitabile ripensare con rinnovato interesse e gratitudine alla vita e alla carriera di un uomo che ha regalato così tanto alla musica.
Il lascito di Arcangelo Corelli è un balzo nel futuro che dura da quasi quattro secoli e che inizia solo pochi anni dopo la sua nascita, avvenuta a Fusignano nel 1653. È ancora molto piccolo quando resta colpito dal suono di un violino suonato da un prete: un colpo fulmine. Da subito, il suo talento è così eclatante che sua madre – rimasta vedova e con cinque figli a cui badare – accantona l’idea di avere un figlio letterato e investe nella sua formazione musicale affidandolo prima a maestri di Faenza e Lugo, poi permettendogli di trasferirsi a Bologna.
A soli 13 anni, Corelli inizia a frequentare i virtuosi della basilica di San Petronio, entrando in contatto con maestri famosi come Giovanni Benvenuti, Leonardo Brugnoli e forse Giovanni Battista Bassani, mentre a 17 anni viene ammesso alla prestigiosa Accademia Filarmonica, tra le scuole di musica più selettive dell’Italia di allora. Ben presto anche Bologna gli sta stretta e, a vent’anni, parte per Roma.
In poco tempo diventa il principale violinista della Capitale: i circoli e le accademie più importanti lo vogliono, i teatri gli affidano la direzione di opere di importanti compositori e lui risplende sul palco nel suo doppio ruolo di direttore e primo violino. Soprattutto, i grandi mecenati se lo contendono. Prima la Regina Cristina di Svezia, poi il cardinale Benedetto Pamphili, che lo accoglie nella sua residenza col titolo di maestro di musica. Come per incanto vive da nobile, accompagnato da un servitore personale: non male per un ragazzo venuto da un piccolo paesino!
Nel lussuoso palazzo del cardinale ogni occasione è buona festeggiare con concerti, serenate e oratori: che sia la visita di un personaggio importante, l’anniversario di un avvenimento o il consueto pomeriggio musicale della domenica, Corelli conferma le proprie capacità come violinista e si afferma come compositore eseguendo alcune delle sue sonate a 3, pubblicate a Roma nel 1681. Ormai dirige orchestre talvolta maestose, con quasi cento musicisti!
Quando sembra aver raggiunto l’apice dell’affermazione professionale, arriva un nuovo slancio.
Approfittando di un periodo di assenza di Pamphili, il cardinale Ottoboni si avvicina alla star indiscussa della città e la ingaggia per sé. Corelli si trasferisce nel palazzo della Cancelleria, residenza di colui che sarà non solo un generoso mecenate, ma anche un amico fraterno.
È in questo periodo che arrivano nuove onorificenze e conferme. Nella primavera del 1706 Corelli è ammesso in uno dei più influenti circoli intellettuali del tempo, l’Accademia dell’Arcadia, insieme a Pasquini e Scarlatti. Poco tempo dopo, il giovane Händel, che a Roma ha appena composto gli oratori Il trionfo del Tempo e del Disinganno e La Resurrezione, gli chiede di dirigerne la rappresentazione suonando da primo violino. “Ma, caro Sassone, questa musica è nel stilo francese, di ch’io non m’intendo”, fu il commento alle prime prove… e Handel dovette così modificare l’ouverture!
A 55 anni, senza mai essere sceso dalla cresta dell’onda, Corelli sente i primi problemi di salute e decide di ritirarsi dalla scena pubblica per dedicarsi completamente al suo capolavoro: la composizione, o meglio la revisione, di una serie di concerti grossi da pubblicare come Opera Sesta. La raccolta dei 12 concerti procede per cinque anni ed è una corsa contro il tempo che, inesorabile, lo divora.
La morte di Arcangelo Corelli arriva l’8 gennaio 1713, quando lui non ha nemmeno sessant’anni, ed è un uragano che investe la città e la comunità artistica tutta. Il cardinale Ottoboni dispone che venga seppellito nel Pantheon, privilegio mai concesso a un musicista. Lì per lunghi anni l’anniversario della sua morte viene celebrato solennemente.
I Dodici Concerti Grossi, Opera Sesta, pubblicati postumi, sono il mezzo attraverso il quale la figura di Corelli è rimasta immortale nei secoli, influenzando generazioni di compositori tra i quali Antonio Vivaldi, Georg Friedrich Händel, Johann Sebastian Bach e François Couperin, così come molti altri, anche italiani, come il piemontese Giovanni Battista Somis, attraverso il quale i modelli corelliani sono giunti a Gaetano Pugnani e a Giovanni Battista Viotti.
E questo a dispetto di un catalogo che, rispetto a molti suoi colleghi, può sembrare poco ricco: sei raccolte di musica strumentale, unico genere affrontato da Corelli. Eppure la qualità e la straordinaria ricchezza delle sue composizioni è bastata a eleggerlo compositore definitivo e modello universale. Con i suoi concerti grossi, Corelli raggiunge la perfezione del genere, la completa codifica della forma nella raffinata alternanza di Concertino e Ripieno, modello per chiunque abbia scritto musica strumentale.
Anche per questo, noi di Accademia Bizantina, insieme al nostro Direttore Ottavio Dantone, abbiamo deciso di interpretare i Concerti Grossi Op. 6 di Arcangelo Corelli nel nostro prossimo cofanetto che rappresenta un omaggio alla memoria e al valore del maestro di Fusignano. La sua musica, capace di attraversare generazioni, secoli ed epoche mantenendo intatto tutto il suo splendore e la sua capacità di emozionare, resta da oltre 370 anni in cima alle classifiche.