Se la Gran Bretagna del XVII secolo avesse una colonna sonora, sarebbe firmata da Henry Purcell: creatore dello stile barocco inglese a partire da elementi stilistici italiani e francesi, è stato un artista in grado di eclissare tutti i contemporanei conterranei per qualità e quantità di partiture. Uno dei più grandi compositori inglesi di tutti i tempi.
Purcell discende da una famiglia di musicisti e funzionari di corte attivi per un secolo nella Londra del ‘600 e ‘700. Quando viene alla luce, il padre Henry “senior” è un cantante insignito come Gentleman della Cappella Reale, e la casa è tanto piena di melodie che anche il fratellino Daniel se ne appassiona. Purtroppo, entrambi potranno godere poco di questo padre ispirato, che li lascerà orfani a soli 5 anni.
Affidato allo zio Thomas, anch’egli musicista e cantore della Cappella Reale, Purcell viene ammesso nel coro della cappella, prendendo le prime lezioni da Henry Cooke: il maestro che addestrerà la sua voce bianca, dando il via alla sua carriera musicale. Ma Henry non si limita ad eseguire: a nove anni già compone inni e salmi, mostrando la versatilità del proprio talento.
Nel 1673, quando i toni adolescenziali sostituiscono la voce da bambino, ottiene il primo incarico come custode degli strumenti a fiato e a tastiera del Re. Da qui inizia la sua scalata delle gerarchie musicali a corte, in un susseguirsi di incarichi di sempre maggiore rilievo fino al 1677, quando diventa compositore per i violini del Re e accordatore ufficiale degli strumenti.
L’attività di compositore per l’Abbazia di Westminster procede di pari passo: compone molta musica sacra e si fa notare per l’abilità all’organo, tanto che nel 1679 arriva anche l’incarico di organista ufficiale dell’Abbazia, ruolo che mantiene per tutta la vita.
Sono anni fortunati: sposa Frances Peters, è ammesso come Gentleman della Cappella Reale in qualità di organista e diventa il compositore di corte, scrivendo alcuni capolavori come l’opera Dido and Æneas, molti inni e una preghiera destinata con buona probabilità al funerale del defunto Re.
Dopo anni di successi e felicità, la vita gli riserva una fase di dolore: la morte di alcuni figli, sul versante della vita privata, ma anche un drastico ridimensionamento della sua carriera sotto il regno e poi durante l’esilio del nuovo re Giacomo II. In questo clima di incertezze politiche e professionali, sul finire degli anni ’80 la corte cessa di essere l’importante centro musicale che era stata sotto gli Stuart e Purcell è costretto a cercare un nuovo impiego.
Si dedica anima e corpo alla composizione per il teatro, senza però tralasciare odi e inni per la corte: nascono i celebri King Arthur, Dioclesian, The Fairy-Queen, The Indian Queen che insieme A Dido and Æneas brillano nel catalogo del compositore.
Quando è nuovamente all’apice della fama, il fato ci mette il suo zampino: il 21 novembre 1695, all’età di 36 anni, Purcell muore per cause incerte. C’è chi dice sia morto a causa della tubercolosi, e chi sostiene che si sia ammalato dopo una notte passata all’addiaccio, lasciato fuori casa dalla moglie Frances in seguito all’ennesima nottata brava trascorsa in locanda…
Amato e rimpianto come pochi, viene sepolto nell’Abbazia di Westminster la sera del 26 novembre 1695, vicino al suo amato organo. L’epitaffio sulla sua lapide recita: “Qui giace Henry Purcell, che ha lasciato questa vita ed è andato in quell’unico luogo benedetto dove la sua armonia può essere superata”.
Ma il suo mito gli sopravvive, oggi come ieri. Pare che una volta, mentre l’anziano e ormai cieco Händel eseguiva un proprio oratorio, il compositore Stevens gli si sia avvicinato dicendo: “Mi ricorda la musica del buon vecchio Purcell”. La risposta fu inaspettatamente forte: “Al diavolo Stevens! Se oggi fosse stato qui Purcell, avrebbe composto di certo qualcosa di molto migliore!”.
Ai giorni nostri, le musiche di Purcell continuano ad arricchire numerose colonne sonore per il cinema, confermando il valore di un genio che dalla corte reale inglese ha saputo attraversare i secoli e la storia.